I Toronto Raptors fanno sul serio anche quest’anno. Possono lottare per il titolo?

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Con la sconfitta in casa dei Nets prima della pausa per l’All Star Weekend, i Toronto Raptors hanno messo fine ad una esaltante serie di vittorie consecutive, 15, la seconda più lunga della stagione, dopo le 18 dei Milwaukee Bucks. Dopo quel ko i campioni in carica hanno vinto 3 delle successive 6 partite e restano saldamente al secondo posto della Eastern Conference con un record di 43-18, a 9 gare di distanza da Milwaukee e a +1.5 sui Celtics, una situazione comunque difficile da pronosticare a inizio anno.

VanVleet e Lowry, Toronto Raptors © Photo facebook.com/TorontoRaptors

The historic streak

La striscia? Nel corso di quella trionfale cavalcata, Toronto è stata prima per offensive efficency, 118.3, seconda per percentuale dal campo, 49.9%, seconda per percentuale da tre punti, 39.9%, e prima per palle rubate, 10.5. Da gennaio, inoltre, solo i Bucks di Giannis, primi ad est e con il miglior record della lega, possono vantare un record di vittorie superiore ed un miglior net rating. I ragazzi di Nurse sono stati senza discussioni la squadra più calda di tutta la NBA.

Nonostante le numerose defezioni, la franchigia canadese ha battagliato sera dopo sera, riuscendo a prevalere con carattere ed organizzazione sopra il proprio avversario. Il secondo posto ad est ed il traguardo delle 40 vittorie già tagliato sembrano stare lì a sancire due cose: l’assenza del principale artefice del titolo dello scorso anno, Kawhi Leonard, è stata assorbita come meglio non si poteva, e soprattutto, sono ancora loro i campioni in carica: motivo principale per cui  questo periodo molto positivo non dovrebbe suscitare tanto clamore. Toronto ha semplicemente giocato con la consapevolezza e la fiducia di chi ha da poco alzato il Larry O’Brien Trophy.

Next Man Up

Penso che questi giocatori abbiano dimostrato chiaramente che possono vincere” ha recentemente dichiarato Nick Nurse, eletto miglior coach per il mese di Gennaio, “Abbiamo avuto molti infortuni quest’anno ma i ragazzi continuano a farsi avanti e giocare.” Toronto è stata infatti martoriata dagli infortuni, come già accennato. Ultimamente sono rimasti ai box due pezzi da novanta come Powell e Marc Gasol. La squadra non sembra però averne risentito particolarmente.

Devi come minimo andare lì fuori e dare il tuo contributo, darti una possibilità di vittoria e non lasciare che gli altri giochino meglio di te. Se pensi di avere minor talento o taglia, allora devi per forza portare la tua energia e la tua durezza ad un livello successivo e penso che siamo riusciti a farlo nella maggior parte delle partite.” Queste parole di Nurse sono forse il miglior biglietto da visita dei Toronto Raptors di questa stagione: resilienza, unità d’intenti, organizzazione e mentalità vincente. Nurse ed i suoi rappresentano al meglio quel concetto tipico dello sport americano del “next man up!“: se il titolare è fuori, allora va dentro la riserva, e se anche quest’ultima è indisponibile, ancora sotto con la successiva e così via, senza cadere nella disperazione o senza cercare di aggrapparsi ad alibi scontati. Ed ancora, dare ed avere fiducia in tutti i componenti della squadra, assumersi responsabilità importanti, perché tutti sono utili alla causa, indipendentemente dal nome inciso sul retro della canotta.

Toronto resta una delle squadre più “consapevoli” della lega, forte di un buon gioco collettivo ed un’ottima organizzazione societaria alle spalle, una tra le più solide e definite del panorama cestistico americano – frutto, è bene ricordarlo, dell’ottimo lavoro svolto da Masai Ujiri negli anni come capo della gestione sportiva della franchigia -, ecco perché verrebbe spontaneo chiedersi se possa realmente tornare sul prestigioso palcoscenico delle Finals di giugno.

Siakam e non solo

Di primo acchito verrebbe da dire no. Manca quel giocatore in grado di condurre i Raptors così lontano. Un tipo di giocatore di categoria differente capace di prendere di petto la situazione lì dove piano partita, schemi e scouting report non sono più sufficienti. Manca Kawhi Leonard, insomma. L’uomo chiave per i successi dello scorso anno, l’enorme rischio corso da Ujiri rivelatosi al fine, però, stra vincente. E’ giusto ricordare ora, arrivati a questo punto della stagione, come ad inizio anno, proprio a causa della partenza dell’ MVP delle scorse finali, ci si era scordati dei Raptors, o per meglio dire, li si considerava alla stregua di qualsiasi altra squadra di medio livello, da cui non ci si deve aspettare nulla se non, nelle migliore delle ipotesi, una stagione discreta. Finora, come era d’altronde non troppo difficile da pronosticare se si gettava uno sguardo più attento all’organizzazione della squadra canadese nel suo complesso, non è stato affatto così. I Raptors dell’era post Kawhi possono continuare ad essere una squadra d’alto livello anche e soprattutto nei prossimi playoffs; non ci sono segnali contrari in tal senso e solo i Bucks ad est sembrano essergli superiori. Una situazione, a pensarci bene, non tanto dissimile da quella della scorsa stagione.

Il copione potrebbe ripetersi tale e quale se i panni di Leonard li vestisse il ragazzo camerunese in maglia 43 quest’anno, Pascal Siakam. Il sogno di Nurse e staff, nonché di tutti i numerosi tifosi raptors, è che Siakam diventi, magari già dai prossimi playoffs, quel tipo di giocatore: definitivamente dominante. Nel corso dei suoi 4 anni di militanza nella lega, Siakam è cresciuto come giocatore in maniera esponenziale e sorprendente, riuscendo a migliorare, stagione dopo stagione, ogni personale statistico. E con esso, cosa ancor più importante, è accresciuta la sua comprensione e padronanza del gioco. Pochi dubbi v’erano sul fatto che potesse vincere il premio di “most improved player” per la stagione 18/19, ed ancor meno dubbia era la sua presenza all’ All Star Game di Chicago tenutosi pochi giorni fa – prima convocazione in assoluto. Siakam ha l’età, i numeri e le possibilità fisico/tecniche per portare Toronto ai gradini più alti del podio. E’ solo questione di tempo.

Confortante, per usare un eufemismo, è poi il fatto che i Raptors sanno di poter far affidamento su degli ottimi, imprescindibili “giocatori di contorno”, o per meglio dire, comprimari. Ibaka, Gasol, Van Vleet, o lo stesso Anunoby: gente che ha dimostrato prepotentemente nelle scorse finali che avere una superstar in squadra, sebbene del livello stellare di Leonard, non sia garanzia di vittoria e che anzi, è proprio grazie alla presenza di elementi di questo spessore, con queste caratteristiche tecniche e questa personalità, che una franchigia NBA può realmente pensare di tagliare il traguardo più ambito. Toronto probabilmente non vincerà di nuovo, ciò avrebbe comunque del clamoroso, ma riuscirà a dire la sua anche quest’anno, vendendo cara la pelle fino alla fine. Chissà se non dovrà essere Leonard alla fine dei giochi a doversi pentire della scelta fatta.