Che regular season è stata per i quattro azzurri in NBA?

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La Regular Season 2013/2014 è da poco giunta al termine ed è perciò, come sempre, tempo di bilanci. Bilanci che si concentreranno sull’operato dei nostri quattro rappresentanti nel territorio a stelle e strisce. Inutile dire che è stata un’annata a luci ed ombre, in cui si sono toccati punti estremi sia da un lato che dall’altro, un’annata che per certi versi ci ha lasciato l’amaro in bocca e per altri ci ha estasiato. Vediamo dunque, dal basso verso l’alto, come si sono comportati gli “Italians”.

Danilo Gallinari: partendo dalle delusioni, al primo posto non può non esserci Danilo. La delusione, il rammarico, derivano ovviamente dal fatto di non averlo neanche potuto vedere sul parquet, e questo al netto di qualsiasi cosa, è il rimpianto maggiore. L’ultima volta che abbiamo visto il Gallo in canotta e pantaloncini risale al 5 aprile di un anno fa, quando contro Dallas si ruppe i legamenti del ginocchio sinistro. Sembrava che dovesse tornare in campo nel 2014, dopo la riabilitazione post-intervento, ma proprio quella riabilitazione ha fatto emergere la necessità di un secondo intervento e la conseguente perdita della stagione. Gallinari è ormai un giocatore da 60-65 partite stagionali, considerando che l’infortunio appena subito è si il più grave, ma purtroppo non il primo della carriera.

Gigi Datome: sapevamo sarebbe stato difficile, ma così difficile, oggettivamente, non se lo sarebbe aspettato nessuno. Nessuno, infatti, pretendeva da Gigione di essere decisivo e pronto fin da subito per una stagione NBA, ma in questi Pistons 10-15 minuti a sera era lecito attenderseli. I minuti di media del nostro, invece sono stati appena 7, per un totale di 83 punti segnati (2.4 a partita) col 35.1% dal campo e il 17.9% da tre. Le colpe non sono tutte di Datome che, oggettivamente,  è stato mal gestito da Maurice Cheeks prima e dal suo assistente John Loyer poi. Non si capisce infatti come nella seconda peggior squadra per percentuale di tiro da tre della Lega, uno come Datome non abbia avuto qualche chance in più per mettersi in luce. Per questo il futuro del ragazzo di Montebelluna è inevitabilmente legato,  oltre a lavoro e determinazione costanti, anche al nome del prossimo coach dei Pistons (Izzo?). La stagione di Datome assomiglia molto alla prima di Belinelli a Golden State, con la differenza che i 21 anni di Marco potevano essere aspettati, i 26 di Gigi no. Se le cose non dovessero migliorare, la prossima potrebbe seriamente essere la seconda e ultima di Luigi Datome in NBA.

Andrea Bargnani: difficile, difficilissimo, giudicare la prima stagione di Bargnani in maglia Knicks. Le cifre del Mago non sono esaltanti (13.3 ppg, 5.3 rpg tirando col 44.2% dal campo e il 27.8% da tre), ma provateci voi a giocare e prendere tiri quando gli schemi offensivi sono basati su continui e costanti isolamenti da parte di Melo, Smith e a volte Shumpert. Difensivamente parlando, considerando che il contesto riesce a normalizzare uno come Tyson Chandler è bene sospendere qualsiasi giudizio sul Mago (rimane comunque per posizione difensiva sotto lo standard). A Bargnani va dato atto di aver fatto un onesto lavoro in un contesto dentro e fuori dal campo veramente difficile ed è questo ciò che rende la sua annata comunque sufficiente,  con l’aggiunta di aver lasciato finalmente intravedere quella cattiveria (reazione contro KG su tutto) che tutti aspettavano. Prima dell’arrivo di Phil Jackson, sembrava che il Mago fosse destinato a lasciare la “City”, ma l’arrivo di Coach Zen potrebbe cambiare le carte in tavola.

Marco Belinelli: per distacco il migliore dei quattro. La Regular Season di Belinelli è una costante conferma del fatto che il lavoro duro (e Marco duro ha lavorato eccome), presto o tardi, paga. L’annata del Beli è statisticamente la migliore della carriera, avendo ritoccato i career-high in rimbalzi, assist, percentuale dal campo (48.5%), percentuale da tre (43%) e percentuale ai liberi. Il fatto poi che tutto ciò sia avvenuto giocando 25.2 minuti a partita nella squadra col miglior record NBA, sotto Gregg Popovich, dimostrando di poter essere un pezzo importante in una contender per l’Anello ingigantisce il tutto. La vittoria nella gara del tiro da tre all’All-Star Weekend è stata la ciliegina sulla torta di una stagione fin qui memorabile, ma come lo stesso Beli ha ammesso, questo riconoscimento deve solo essere transitorio in attesa della conquista di ciò che più conta davvero: il Titolo NBA. Proprio in questa determinazione è racchiusa l’etica di Marco Belinelli, e se un’ottima annata si trasformerà in un trionfo questo lo sapremo solo in giugno. Nel frattempo, chapeau Marco.

3 COMMENTS

  1. Belinelli quest’anno una spanna e mezza sopra tutti, gli altri assolutamente non pervenuti per motivi diversi.

  2. Speriamo si rimetta in carreggiata anche nella post regular season, fin qui avara di soddisfazioni, a contrario della ottima stagione regoalre!

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