Zach LaVine: All Star senza dubbio, ma giocatore vincente?

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25.1 punti, 4.8 rimbalzi, 4 assist, 1.4 recuperi, 0.5 stoppate, 44% dal campo, 37.7% da tre, 83% ai liberi in 34.5 minuti di media giocati. Queste sono le cifre in stagione di un All-Star: Zach LaVine. Snobbato nelle votazioni per lo starting five la guardia dei Bulls meritava senza ombra di dubbio una chiamata come riserva per la prossima edizione che si svolgerà proprio a Chicago, nel suo campo, che invece non è arrivata

Leader assoluto dei Bulls

Da quando Chicago ha deciso di cedere Jimmy Butler e lasciar andare Derrick Rose la squadra è diventata di proprietà di Zach Lavine, che dopo gli anni in chiaroscuro ai Timberwolves è riuscito a imporsi come una delle guardie più prolifiche e più divertenti da vedere dell’intera NBA. Gli infortuni che l’hanno perseguitato per tutta la carriera, quest’anno, sembrano essere fortunatamente lontani e le statistiche individuali offensive dimostrano indubbiamente che Lavine sta bene, anche se la sua squadra fatica.
I Bulls al momento sono al nono posto in classifica della Eastern Conference con un record tutt’altro positivo di 19-33 ma assolutamente in corsa per fare i playoffs visto il livello non così eccelso delle squadre nella parte bassa dell’Est.
Tutto questo nonostante 3/5 del quintetto base siano fermi in infermeria: Lauri Markkanen e Wendell Carter fuori entrambi 4-6 settimane per problemi alla caviglia, Otto Porter che dovrebbe tornare dopo l’All-Star break per problemi al piede. Lavine quindi non può contare su una squadra di livello e neanche con meccanismi oliati, e infatti capita spesso che si trovi costretto a prendere tutto il carrozzone sulle spalle giocando quarti anche da 20 punti segnati per riuscire a strappare delle vittorie contro squadre non eccelse.

Problemi in attacco ma soprattutto in difesa

I Bulls sono 27esimi per offensive rating nella NBA (104.9) e decimi per defensive rating (107.6) con un pace di 100.4 (sedicesimi). Il problema al momento di Lavine è che con lui in campo, su 100 possessi, l’offensive rating della squadra sale a 106.6, mentre il defensive rating sale a 109.7, con un net rating di -3 tutt’altro che positivo per sperare di incrementare il numero di vittorie.
Inoltre Zach ha un usage percent di 30.8 (12esimo della Lega, più di LeBron James) quindi monopolizza l’attacco della sua squadra e, probabilmente andando contro il suo stesso bene, tenendo un pace di 100.65, il più basso dopo Doncic (che però guida il miglior attacco della NBA con metri di vantaggio sui secondi) nei primi 30 giocatori della Lega per Usage.

Cosa fare per migliorare?

I Bulls non hanno grande margine di movimento sul mercato a livello salariale ma soprattutto a livello di appeal di cosa possono offrire. Porter ha ancora il prossimo anno di contratto da 28.5 milioni (è una player option che difficilmente non verrà esercitata), Thaddeus Young chiederà anno prossimo 13.5 mln, Satoransky 10 e Felicio 7.5. Kris Dunn e Denzel Valentine sono all’ultimo anno di contratto e potrebbero essere inseriti in qualche trade: il primo piace ai Clippers e i Bulls hanno comunque un Coby White da lanciare in quel ruolo, il secondo invece è completamente fuori dalle rotazioni di coach Boylan.
Un po’ poco per riuscire a migliorare la squadra, se si vorrà ancora puntare su Markkanen e Carter come coppia giovane vicino a Lavine, quindi senza privarsene.

“So quello che rappresento per questa squadra, il mio obiettivo è di migliorare e di far migliorare chi è intorno a me, il mio unico scopo è questo. Se il front office venisse da me per discutere di possibili movimenti di mercato o giocatori penso che sarebbe fantastico. Se non vogliono, non mi offenderò. Non è qualcosa che sto chiedendo.”

Le dichiarazioni di LaVine possono essere interpretate in tanti modi, sia positivi che negativi, ma di sicuro dimostrano come il ragazzo (che ha 24 anni e quindi ancora tempo per migliorare) stia maturando anche sotto altri aspetti e non solo in campo.
Ora starà alla dirigenza capire come voler procedere (al momento sembra difficile fare peggio delle scelte fatte nelle ultime stagioni come trade, free agency e scelta del coach) e a LaVine fare il salto di qualità necessario per passare da “grande attaccante nei losing efforts” a “leader di una squadra vincente”. La convocazione per l’All-Star Game poteva essere il primo grande passo verso questa direzione, ma il giocatore dovrà prendere da questa mancata chiamata ancora più energia per il finale di stagione.