Inizio difficile per San Antonio: è l’ultima corsa per gli Spurs di Popovich?

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Poche cose sono certe nella vita: morte, tasse e i San Antonio Spurs nei playoffs NBA. Questa frase è stata il motto, la sintesi, della franchigia più vincente (se contiamo Winning Percentage) degli ultimi 22 anni. Giocatori come Tim Duncan, Manu Ginobili, David Robinson e Tony Parker hanno segnato questo periodo e insieme a Gregg Popovich e ad RC Buford hanno contribuito alla vittoria di cinque campionati in un arco di 15 stagioni (il primo nel 1999, l’ultimo nel 2014).

DeRozan e Popovich, San Antonio Spurs © 2019 AP Photo/Alex Brandon

Però le cose stanno cambiando, sono cambiate a San Antonio. Dopo il ritiro di Tim Duncan, gli Spurs hanno iniziato a mostrare segni di “invecchiamento”, poi ci sono stati l’addio di Parker e il ritiro anche di Ginobili, arrivando allo scambio, tanto misterioso quanto devastante, di Kawhi Leonard. Nonostante questo i neroargento, guidati da DeMar DeRozan, Aldridge e compagnia, sono riusciti a rimanere competitivi e anche nell’ultima stagione hanno sorpreso tutti quelli che li davano per morti, centrando la qualificazioni ai playoffs e sfiorando il colpaccio al primo turno contro Denver. Ma l’inizio di questa regular season è stata piuttosto difficile per San Antonio, al netto del ritorno di Dejounte Murray e dell’anno in più dei tanti giovani nel roster: il record di 10-15 è il miglior riassunto dell’attualità dei neroargento.

I numeri parlano chiaro

Da sempre San Antonio è stata una squadra che si è definita in 3 parole chiave: difesa, passaggi ed efficienza. Mentre il resto della NBA ha iniziato a tirare da tre e correre su e giù per il parquet, San Antonio è stata fedele al proprio stile di gioco (Spurs primi nella Lega per tentativi da 2 punti, quasi 65 di media, ma ultimi per tentativi da tre, meno di 26 a sera). Però se analizziamo i numeri vediamo che proprio questo stile di gioco al momento sta penalizzando gli Spurs: 23esimi in Defensive Rating (111.7), 21esimi in % di assists (57.4) e 22esimi in efficienza al tiro (51.2%, primi i Bucks a oltre 56%). In sostanza i neroargento stanno sbattendo proprio contro i loro principi.

Al contrario, gli Spurs sono 14esimi per Pace (oltre 101 possessi a gara) e tirano con una percentuale rispettabile da tre (35%). E va tenuto conto che DeRozan e Aldridge sono giocatori che vivono del tiro dalla media distanza, ma ci sono anche elementi come Belinelli, Mills, White e Forbes che sarebbero certamente più efficaci meglio in un sistema più “moderno” ed efficiente. Il tutto ovviamente gira attorno al ruolo di coach Popovich che negli anni ha dimostrato la capacità di adattarsi e di dare alla squadra la scossa giusta per rimettersi in carreggiata.

Inevitabilmente sono spuntati anche rumors di mercato, tanti i media americani che hanno suggerito l’idea di scambiare Aldridge e DeRozan per qualche assett giovane o scelta al Draft. Però la realtà della situazione è questa: DeRozan e Aldridge hanno poco valore sul mercato, tutti e due sono difensori sotto la media e non troppo efficaci in un sistema offensivo moderno incentrato su tiro da tre e conclusioni al ferro.

Futuro senza Pop?

Ovviamente San Antonio dovrà adattarsi, tuttavia si presume che Popovich smetterà di allenare gli Spurs al più tardi al termine della prossima stagione. Probabilmente solo dopo quella data all’ombra dell’Alamo avranno la possibilità di ricominciare davvero da zero, pur con l’importante vantaggio di avere alle spalle un’organizzazione perfetta che probabilmente renderà la vita facile al prossimo allenatore della squadra.

Per il momento San Antonio continuerà a lottare, come ha sempre fatto con Pop e RC Buford. Restano una squadra da vedere e studiare, sempre pronta a stupire, pur con alti e bassi. Il cambio della guardia arriverà, però intanto godiamoci gli ultimi atti degli Spurs guidati da Gregg Popovich.