Preview NBA: Pacific Division 2019/2020

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Dopo cinque anni di incontrastato dominio Warriors, la Pacific Division potrebbe cambiare padrone. I Clippers di Leonard e George hanno tutte le carte in tavola per primeggiare nella Divison, nella Western Conference e nella lotta per il titolo. Sulle loro tracce i “cugini”, che al duo summenzionato ne contrappongo un altro, di eguale formidabile spessore, James-Davis: una cosa è sicura, la Los Angeles del basket darà spettacolo quest’anno. Leggermente staccati dalle squadre losangeline, i Golden State Warriors, scossi dall’addio di Durant e dal grave infortunio di Thompson, i ragazzi di Steve Kerr potrebbero trovarsi di fronte ad una delle più dure stagioni degli ultimi anni. A seguire, i giovani dal grande talento dei Sacramento Kings del nuovo head coach Luke Walton e i Phoenix Suns ormai abituato ai bassifondi della Western, che ora puntano sul nuovo coach, Monty Williams.

1- Los Angeles Clippers

Ad oggi l’NBA sembra esser stata rimescolata quasi interamente nei suoi valori di forza, una diretta conseguenza del mercato estivo, ma se c’è una squadra che può assoggettarsi il titolo di favorita di quest’anno questa è Los Angeles, sponda Clippers. L’arrivo di Leonard, il quale ha a sua volta richiamato a sé quello di Paul George, è stata la mossa per eccellenza della passata free agency. Mossa che ha ribadito una volta in più la spettacolare abilità di Jerry West come GM, forse, il migliore nel suo campo. Dopo aver dato vita ai Lakers di Kobe e Shaq, dopo aver contribuito enormemente alla nascita dei Golden State Warriors di Curry e Thompson, ancora una volta, West potrebbe aver creato le condizioni perché la sua franchigia possa dominare la lega nel tempo.

I Clippers 2019/2020 potrebbero essere la miglior squadra in entrambe le metà campo. Perché, se è data per scontata la loro pericolosità offensiva, è difensivamente che possono fare la voce grossa. Sono forti di due dei migliori “two-way player” dell’NBA, Leonard e George (in quest’ordine, ovviamente), di un “cagnaccio” come Pat Beverly e di un solido difensore qual è Montrezl Harrell. Hanno sì sacrificato due ottimi giocatori, Shae Gilgeous-Alexander e Danilo Gallinari, capisaldi dello scorso anno, nonché 4 prime scelte non protette, ma sono riusciti a conservare ciò che gli ha fornito una marcia in più nella passata stagione, il binomio Luo Williams-Harrell in uscita dalla panchina. Un vero lusso, come dimostra l’efficiency rating della stagione appena trascorsa: 58.2, ovvero miglior panchina NBA.

2 – Los Angeles Lakers

I Lakers sono usciti sconfitti dalla “battaglia” con i Clippers, la cui posta in palio consisteva nell’accaparrarsi il miglior free agent sul mercato, Kawhi Leonard. Tuttavia il GM Pelinka è riuscito nell’intento di costruire una squadra competitiva. Seguendo i dettami e le consuetudini degli ultimi anni di LeBron, ai Lakers sono arrivati alcuni importanti veterani, Danny Green e Avery Bradley su tutti; sempre nella stessa ottica, sono stati riconfermati Rondo, McGee e Caldwell-Pope. Tutta la componente di gioventù promettente della squadra, fatta eccezione per Kuzma, è andata ai Pelicans in cambio di Anthony Davis, il grande colpo, l’uomo che insieme a James potrà scrivere pagine importanti della storia gialloviola. Cousins avrebbe fatto comodo al nuovo duo, ma il grave infortunio al ginocchio ha già chiuso la sua stagione e al suo posto è tornato Dwight Howard alla seconda esperienza coi colori gialloviola (la prima decisamente negativa) che si è presentato in grandissima forma e con buone intenzioni di “redenzione”.
Ci sono inoltre altre incognite legate alla difesa e quelle relative al nuovissimo coaching staff, con capo allenatore Frank Vogel e assistenti Kidd e Hollins, due coach esperti e di carisma che potrebbero però anche “pesare” troppo all’interno dello staff.

I Lakers appaiono sulla carta inferiori all’altra compagine cittadina ma possono comunque farsi valere ai massimi livelli. Riscattare la terribile stagione passata, chiusa con un record di 37-45 ed il quarto piazzamento nella Pacific Division, non potrà essere sufficiente per Lebron e compagni, è il titolo il vero obiettivo sin da subito.

3 – Golden State Warriors

Per molti l’era Golden State Warriors è tramontata all’inizio di questa estate, con la sconfitta nelle finali e l’addio di Kevin Durant, ma affermare che gli Warriors non possano più vincere in futuro, è quantomeno azzardato. Bisogna ricordare che i “Big three originali”, Curry, Thompson e Green, gli artefici del primo titolo, sono ancora tutti nella Baia, e vi rimarranno ancora per molti anni (anche Green ha firmato un prolungamento contrattuale di 100 milioni per i prossimi 4 anni). Ci sono ancora Steve Kerr e la sua filosofia di gioco, quindi, anche se gli interpreti saranno di minor spessore, dovremmo ancora verosimilmente vedere quel tipo di squadra in futuro.

Innegabile, però, che l’addio di Durant ha sancito un netto punto di rottura, non solo per gli Warriors, ma per tutte le franchigie NBA. Golden State appare oggi molto più normale (e battibile) di quanto non fosse un anno fa. Dovrà fare a meno di Klay Thompson per tutta la stagione regolare, si era rotto il crociato durante la serie finale contro Toronto, e riuscire, tra le altre cose, a rendere quanto più funzionale possibile la nuova coppia di guardie titolari, Curry-Russell. Questi due giocatori sono stati lo scorso anno sesto e tredicesimo per usage, 32% Russell, 30.4% Curry; Russell, infatti, è un giocatore che ama enormemente giocare con la palla in mano. A Brooklyn, lo scorso anno, ogni attacco, quando lui era in campo, passava per le sue mani, ed è giocando così che è riuscito a diventare All-Star. A Golden State non potrà esser lo stesso, dovrà adattarsi, a maggior ragione quando ci sarà il rientro di Thompson.

Oltre al reparto guardie, che ha tra l’altro perso un giocatore straordinario come Andre Iguodala, Golden State ha cambiato molto anche trai lunghi. Un innesto molto interessante in tal senso è Willie Cauley-Stein, arrivato dai Sacramento Kings, rim protector e ottima arma da pick ‘n roll, una presenza scomoda sotto il canestro avversario.
I Warriors non saranno più quelli delle ultime stagioni, è vero, ma attenzione a darli per finiti!

4 – Sacramento Kings

I Kings sono una delle squadre da tenere d’occhio ad Ovest. L’anno scorso si sono piazzati noni, sfiorando l’ultimo slot utile per la postseason. L’obiettivo è dunque quello ritornare ai playoffs, come ha reso noto il nuovo head coach Luke Walton, fatto, questo, che non accade da ben tredici anni: va da sé che se Walton riuscisse nell’impresa vedrebbe la sua figura, in qualità di coach NBA, riprendere quota dopo la negativa esperienza ai Lakers. Il roster dei Kings è di sicuro valore, nonché di certa futuribilità. La sua componente più interessante, infatti, è quella formata dalla coppia De’ Aron Fox-Marvin Bagley III, due tra i giovani più promettenti dell’NBA. Fox è uno dei playmaker più veloci della pista, un potenziale crack nella prossima stagione; Bagley è entrato nella Top 100 NBA, la lista stilata dalla ESPN che decreta i migliori giocatori della lega: nel suo anno da rookie ha messo su delle ottime cifre, 15 punti di media e 8 rimbalzi a partita partendo dalla panchina. Ci sono inoltre Harrison Barnes, ri-firmato, dalla sicura affidabilità; uno da venti punti comodi nelle mani, Buddy Hield, che viene da una stagione chiusa con il 46% dal campo e il 43% dalla lunga distanza. E come non menzionare Bogdan Bogdanovic, la guardia serba che ha appena concluso un mondiale giocando in maniera stellare (entrato con pieno merito nel miglior quintetto del torneo).

Il mercato ha portato a Sacramento gente di grande esperienza, che dovrebbe supportare il nucleo giovane della squadra: Cory Joseph, Dewayne Dedmon e Trevor Ariza. Se i Kings, però, vogliono davvero arrivare ai playoffs in quel far west che è la Western Conference del 2019-2020, devono ripartire, o meglio, partire inevitabilmente dalla difesa. E’ stato consapevolmente lo stesso Walton a dirlo, la parola è una ed una soltanto: “Difesa!”. Lo scorso anno sono stati 21° per defensive rating, 20° per canestri dal campo concessi, e 26° in svariati punti d’enfasi difensivi, tra cui la percentuale di rimbalzi. Se i Kings mettono apposto la difesa, allora, è possibile che questa lunga astinenza da postseason possa finalmente finire quest’anno.

5 – Phoenix Suns

Sui Phoneix Suns c’è molto da dire ed al contempo molto poco. Phoenix ha trascorso l’ultimo decennio nei bassifondi della lega, da tre anni in fila si piazza all’ultimo posto della Pacific Division ed è ormai praticamente nota in tutto il mondo della pallacanestro NBA solamente come una squadra da “tanking”. Nella stagione appena trascorsa ha vinto “la bellezza” di 19 partite, 68 se consideriamo le ultime quattro stagioni. La vera domanda è ovviamente solo una: quest’anno, potrà essere diverso?
Igor Kokoskov, primo allenatore della storia NBA non nato in terra americana, è stato cacciato al termine della stagione appena trascorsa. Al suo posto Monty Williams, ambito da molte panchine NBA, ed ex assistente di Brown ai Sixers. La franchigia dell’Arizona in estate non si è limitata a cambiare staff tecnico, ma ha anche sostanzialmente rivoluzionato il suo intero organico. Sono partiti, in ordine alfabetico, Dragan Bender, Jamal Crawford, Troy Daniels, Richaun Holmes, Josh Jackson, De’Anthony Melton and TJ Warren; al loro posto, 3 giocatori di buon livello NBA, oltre a tutti gli altri ovviamente, Ricky Rubio, Dario Saric e Aron Baynes: 3/5 del quintetto base. Al fianco dei nuovi veterani appena arrivati, le due giovani promesse, il dynamic duo della squadra: Booker-Ayton. E’ evidente come questa, sulla carta, non sembri affatto una squadra che possa competere seriamente ad Ovest e, a meno che Booker non esploda definitivamente, tutto lascia pensare che Phoenix sia condannata all’ennesima stagionale tornata di sconfitte. Tuttavia, un nuovissimo mix di giovani e veterani, un nuovo allenatore con idee nuove, diverse da tutto ciò che s’è visto prima (ciò che Phoenix vuole che Monty Williams sia), potrebbe permettere l’inversione di rotta, o quantomeno, far vedere un po’ di luce in fondo al tunnel.