Toronto Raptors, dalla gloria del titolo alla mediocrità?

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Per il Canada e soprattutto per la città di Toronto la scorsa stagione è stata una enorme soddisfazione. La franchigia nata relativamente tardi rispetto alle grandi piazze NBA è arrivata, a sorpresa, fino a vincere un titolo che l’ha di fatto messa sulla cartina delle Lega dopo tante stagioni di basso livello, alternate da qualche periodo più felice (era Carter, era Bosh, era DeRozan) mantenendo sempre però l’amaro in bocca a fine stagione.

Già svanita la felicità?

Un intero paese ha spinto la squadra nei playoff, man mano che la banda di coach Nurse avanzava nella post season, il Jurassic Park (la zona fuori il palazzetto con dei maxischermi) si riempiva di gente che tifava come mai era successo in Canada per uno sport che non fosse l’hockey.
Sono passati però solo pochi mesi da quella gioia immensa che i Raptors devono già guardare al futuro, e le aspettative non sono così felici. L’euforia della vittoria è stata parzialmente oscurata dalla decisione di Kawhi Leonard di tornare a casa, a Los Angeles sponda Clippers, abbandonando dopo appena un anno, ricco di soddisfazioni, il Canada. Il colpo di perdere l’MVP delle Finals, e forse uno dei primi tre giocatori al Mondo per capacità di incidere sulle due metà campo in una partita, è stata pesantissima. Il GM Ujiri dopo il rischio preso con lo scambio Leonard-DeRozan, che ha pagato enormi dividendi, non è praticamente riuscito a rimpiazzarlo (impossibile ovviamente trovare un pari livello, ma non è arrivato neanche qualcuno di livello un po’ inferiore) e Toronto si ripresenterà ai nastri della stagione 2019/2020 probabilmente ancora ebbra di gioia ma incompleta e molto indebolita.

Una offseason di immobilità

Marc Gasol ha deciso, ma era piuttosto prevedibile, di esercitare l’opzione nel suo ultimo anno di contratto restando così con i campioni in carica che quindi ripartiranno da lui e da Kyle Lowry, a lungo criticato per la sua incapacità di incidere nelle partite che contano, ma decisivo nelle Finals contro i Warriors.
Siakam e VanVleet molto probabilmente saranno gli altri pilastri della squadra visto il loro incredibile impatto e crescita nella scorsa stagione, mentre Anunoby tornerà dopo un intero anno fermo e riprenderà il posto in quintetto che era suo prima dell’arrivo di Leonard (e prima del suo problema fisico).
Dal mercato poi sono arrivati il tiratore Thomas e le ali Stanley Johnson e Rondae Hollis-Jefferson, giocatori che saranno utili a puntellare il roster ma non abbastanza per sperare di essere al livello dello scorso anno.

Restare così o rifondare?

Lowry, che ormai è il veteranissimo dei Raptors, è stato messo sul mercato già a gennaio ma pare aver ricucito i rapporti con la dirigenza che si erano deteriorati dopo la cessione del grande amico DeRozan.
Se un po’ in questi anni però abbiamo conosciuto come pensa e agisce Ujiri, non sembra così improbabile che in caso l’inizio di stagione sia difficile e con risultati negativi, possa decidere di mettere sul mercato sia Lowry sia Gasol, oltre a Ibaka, rinato nelle Finals ma ormai chiuso da quello che probabilmente sarà il volto della franchigia nei prossimi anni: Pascal Siakam.
Scelte ovviamente difficili ma che il General Manager non ha mai avuto problemi ad effettuare per cercare di far salire di livello la sua squadra. Pensare ad un rebuilding di una squadra che ha appena vinto il titolo è sicuramente particolare, in un mondo come quello NBA dove praticamente non è mai successo in tempi recenti. Ma è altrettanto vero che a Toronto tutta la situazione è stata piuttosto anomala dall’inizio: dall’arrivo di Leonard via trade totalmente contro la volontà del giocatore, passando per la sua annata strepitosa da vero leader e professionista esemplare, per finire con la sua decisione di non rinnovare provando una nuova esperienza.

Un All Star in panchina basterà?

La partenza di Leonard ha lasciato un vuoto immenso a livello tecnico e coach Nick Nurse dovrà impegnarsi parecchio per trovare una soluzione valida. L’allenatore, messo in panchina da Ujiri con una mossa a sorpresa (non è la prima volta che diciamo che il GM non ha paura a prendere scelte contro corrente vero?), si è rivelato un vero All Star della panchina, lavorando sodo e portando tutti i suoi giocatori ad un livello superiore. Se inizialmente si pensava che la sua abilità fosse più offensiva, gli ultimi playoffs e le Finals hanno mostrato che lui con il suo staff (compreso il “nostro” Sergio Scariolo), sono in grado di cambiare le partite anche nella metà campo difensiva.

Tatticamente Nurse propone sempre qualcosa di particolare, a volte anche diverso da altri (una analogia con il suo GM), che riesce a imbrigliare in qualche modo gli avversari. Una capacità che non tutti hanno e che lo rendono un valore decisamente aggiunto per la franchigia. Quest’anno però non avrà la duttilità di Leonard da utilizzare e quindi il suo lavoro sarà ancora più complesso. La società è pronta a fare delle scelte anche dolorose mentre lui dovrà proseguire con la crescita di Siakam e degli altri giovani nel roster. Un miracolo gli è già riuscito lo scorso anno, riuscirà a ripetersi e portare i Raptors ancora avanti nei playoffs contro tutti i pronostici?