Stagione da dimenticare per Irving e i Celtics. Che si fa adesso a Boston?

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Alla vigilia di questa stagione in tanti pronosticavano una finale NBA tra Golden State Warriors e Boston Celtics. Se Curry e soci sono ancora in corsa, è invece in archivio un’annata deludente per i biancoverdi, presi a schiaffi dai Milwaukee Bucks al secondo turno dei playoffs (4-1) al termine di una regular season molto altalenante e con tanti problemi, soprattutto nello spogliatoio. Boston non ha mai convinto, dopo i grandi playoffs 2018 si pensava che col ritorno di Gordon Hayward, quello di Kyrie Irving a pieno regime e la crescita dei vari Tatum e Brown i Celtics avrebbero primeggiato a Est e fossero la squadra da battere. Niente di tutto questo!

Ora però le cose non saranno per forza migliori, il presidente Danny Ainge sarà di fronte a scelte importanti e tutto ruota attorno alla scelta proprio di Kyrie Irving, uno che a inizio ottobre giurava amore eterno al “Pride” davanti ai tifosi del TD Garden ma che poi durante la stagione, molto complicata, ha ritrattato e che adesso sembra ogni giorno di più più lontano da Beantown.

Stagione con poche luci e tante ombre

Il terzo posto nella Atlantic Division alle spalle di Raptors e 76ers è indicativo: seppur il livello dell’Est si sia alzato nelle prime 4-5 forze, la distanza di Boston da Toronto, Philadelphia e soprattutto Milwaukee, è importante. 11 vittorie dai Bucks, 9 dai canadesi: in generale l’annata della squadra di Brad Stevens è stata altalenante, con 10 vinte e 10 perse nelle prime 20 gare, poi quattro strisce da 3-4 sconfitte nell’arco della regular season, e anche delle variazioni in quintetto (con Brown, Smart, Hayward, Morris e Baynes) per trovare una chimica e dei meccanismi che in realtà non sono mai stati individuati nell’arco dei mesi. Il finale di campionato pareva incoraggiante (6-2 nelle ultime 8) e la serie contro i Pacers, 4-0, sembrava aver restituito i veri Celtics: la gara 1 di Milwaukee addirittura aveva illuso tutti perchè poi sono arrivate 4 sconfitte consecutive nette che hanno evidenziato come questa Boston non era da Finals.

Spogliatoio bollente: Irving non è un leader

Uno dei grandi problemi della stagione dei Celtics è stata la mancanza di chimica, non solo in campo ma anche nello spogliatoio. Troppe lamentele, troppe dichiarazioni insofferenti con la stampa, troppe chiacchiere, aspetti sorprendenti in un ambiente tradizionalmente ermetico e bilanciato come quello dei Celtics, da sempre una franchigia modello da questo punto di vista. Invece a turno, tutti hanno esposto pubblicamente i problemi della squadra: da Smart a Jaylen Brown, da Morris a Irving, il primo indiziato per una mancanza di leadership, quella che lui andava cercando dopo l’addio ai Cavaliers di LeBron James. Lontano dal Re, Kyrie non ha saputo elevare il suo status, non è riuscito a diventare un riferimento per i compagni, quella guida che invece è stato maggiormente Horford, pur senza il talento dell’ex Duke.

In sostanza Kyrie si è confermato un favoloso giocatore, un terrificante solista (quasi 24 punti con 7 assists di media col 49% dal campo in regular season) ma non ancora un trascinatore del gruppo, men che meno ai playoffs. Nella serie coi Bucks è uscito con le ossa rotte: 26 punti, 11 rimbalzi e 7 assists nella gara 1 vinta, poi da lì 19 punti e 5 assists di media col 30% al tiro (25 su 83, 5 su 27 da tre). Un disastro e anche qualche fischio del TD Garden!

Il futuro attorno a Irving: resta e arriva anche Anthony Davis? O se ne va?

Il 13 giugno è la data ultima entro cui certamente Kyrie Irving annuncerà di non far scattare la player option da circa 21 milioni di dollari e di diventare free agent. A questo punto quello che sembrava certo a ottobre 2018, ovvero che Irving avrebbe rifirmato coi Celtics, ora appare improbabile; inoltre, l’eventuale addio di Kyrie, farebbe cadere le chance anche di arrivare ad Anthony Davis via trade visto che è palese che il “Monociglio” gradirebbe la destinazione solo se ci fosse l’attuale numero 11. Non è un mistero che i Pelicans vogliono il pacchetto di Boston, con Tatum e Brown, ma il possibile addio di Irving manderebbe tutto in fumo, anche per la stessa New Orleans. Sul fronte Kyrie, le opzioni sono diverse: la più insistente è che vada ai Knicks insieme a Durant, difficile ma non impossibile che si ricongiunga con LeBron James ai Lakers, non da escludere nemmeno Nets e Clippers, oltre chiaramente agli stessi Celtics, non del tutto fuori dalla corsa.

Horford, Rozier e le scelte al Draft

Per la prossima stagione Boston ha sotto contratto i soli Smart, Tatum, Hayward, Jaylen Brown, Yabusele e Robert Williams. Free agent “puri” sono Marcus Morris, Theis e Wanamaker, c’è una team option per Ojeleye, hanno una player option Baynes e Horford, mentre Rozier è restricted free agent. Morris potrebbe essere riconfermato, seppur a cifre consone, Theis difficilmente resterà e i Celtics hanno già messo nel mirino il lungo francese Poirier del Baskonia, anche Ojeleye e Baynes non è detto che se ne vadano, mentre le questioni più spinose riguardano Horford e Rozier. Il centro dominicano ha una player option da 30 milioni ma è facile che esca per cercare un contratto meno remunerativo ma abbastanza lungo (è un classe 1986): ha detto di voler restare, è il leader dello spogliatoio e un riferimento in campo, a cifre “oneste” Ainge lo confermerà. Per quanto riguarda Rozier, viene da un’annata difficile, in calo rispetto all’anno scorso e con meno spazio, anche per la presenza a tempo pieno di Irving: vuole minuti e contratto da starter, può accettare la qualifying offer da 4,2 milioni e diventare unrestricted free agent nel 2020 oppure firmare altrove (Suns? Magic? Jazz se parte Rubio? Hornets se parte Kemba?) lasciando la possibilità ai Celtics di trattenerlo pareggiando la cifra. Non sarà una scelta semplice per Ainge anche perchè è legata a doppio filo con Irving: se Kyrie lascia, Rozier potrebbe essere l’alternativa ideale e già in casa.

Al Draft invece i Boston Celtics avranno sicuramente quattro scelte: le loro, alla 22 e alla 51, quella dei Clippers, alla 20, e quella dei Sacramento Kings in Lottery (verrà estratta il 14 maggio). Il pick dei Kings è protetto solo alla 1: nel caso fosse la prima scelta, questa andrebbe a Philadelphia e ai Celtics andrebbe la 24 dei 76ers. Boston potrebbe avere anche la scelta dei Memphis Grizzlies se questa finisse fuori dalle prime 8 (protetta 1-8); viceversa questo pick di Memphis sarebbe protetto 1-6 nel 2020 e non protetto nel 2021. Tre o quattro scelte al primo giro sono importanti ma questo Draft non sembra poter offrire talenti in grado di cambiare una franchigia (eccetto Zion Williamson e forse Ja Morant), per cui Boston potrebbe anche decidere di metterle sul piatto per una trade. Certamente una verrà spesa per un prospetto da non mettere subito a contratto (Bitadze? Samanic? Sirvydis?) mentre un pick potrebbe essere per una scommessa, tipo Bol Bol, Kevin Porter o Nassir Little, i cosiddetti “high-risk, high-reward“.