Melo, PG e una luxury tax esorbitante: quale direzione per OKC?

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Melo e George – © 2018 twitter.com/OklahomaCityThunder

Per nulla esaltante, a tratti complicata, complessivamente sotto le aspettative: nonostante le apparenze iniziali, le stelle degli Oklahoma City Thunder edizione 2017/18 non hanno certo brillato di luce propria, portando la franchigia ad un’ingloriosa eliminazione al primo turno playoff, a vantaggio di un team, i Jazz, ben disposto sul parquet ma sicuramente meno dotato tecnicamente. Inossidabile ed indiscutibile la leadership di Russell Westbrook, l’offseason presentava, prevalentemente, due rilevanti grane da risolvere: la riconferma di Paul George e la destituzione di Carmelo Anthony. Di contorno, con un salary cap già abbondantemente ingolfato, il tentativo di migliorare una second-unit qualitativamente non di rilievo attraverso la free agency. Di certo non un territorio agevole quello in cui si è mosso, e si muoverà, Sam Presti, con lo scopo di migliorare un roster uscito pesantemente ridimensionato dalla scorsa stagione.

Paul George e il mercato in entrata

Obiettivo numero uno dell’estate di OKC era la riconferma di Paul George, divenuto free agent dopo una stagione conclusa a 22 punti di media e già in procinto di accasarsi a LA, sponda Lakers, in compagnia di Lebron James. Tra lo stupore di molti addetti, invece, l’esterno californiano ha accettato il quadriennale (tre più player option) da 137 milioni di dollari complessivi disposto dalla dirigenza Thunder, oltretutto rinunciando alla possibilità di recedervi fra due anni in cerca di un massimo salariale ben più oneroso. Alla base della decisione di PG ha notevolmente influito la benevola pressione di Russell Wesbtrook, compagno di squadra con il quale ha immediatamente legato tanto dentro che fuori dal campo. Perfetta, inoltre, l’operazione reclutamento attuata da Coach Billy Donovan e il GM Sam Presti che, cifre contrattuali a parte, hanno reso l’ex giocatore dei Pacers il centro di un progetto apparentemente competitivo, dal quale, evidentemente, non voleva slegarsi.

Nelle primissime ore di apertura del mercato, inoltre, i Thunder si sono nuovamente assicurati le prestazioni di Jerami Grant (triennale da 27 milioni di dollari), esterno versatile, molto importante nell’annata precedente per freschezza e dinamicità in uscita dalla panchina. In ottica di un maggiore rafforzamento del front-court, inoltre, è giunto ad Oklahoma City Nerlens Noel, giovane centro ancora in cerca di consacrazione. Bocciato a Philadelphia, New Orleans e Dallas, spesso vittima di cronici malanni fisici, pare che il 24enne (a cui è stato corrisposto un biennale al minimo salariale) sia stato richiesto a gran voce dagli stessi Westbrook e George.
Non meno importante, infine, la conferma di Raymond Felton da point-guard di riserva.

Luxury Tax da record!

In NBA, però, rinforzi e mercato viaggiano di pari passo al salary cap, limitando notevolmente la libertà d’azione delle franchigie, qualora non vogliano incorrere nella famigerata Luxury Tax. A peggiorare la situazione, inoltre, la clausola per la quale un team che si ritrova ad eccedere il monte salari per tre delle ultime quattro stagioni incorre in un ulteriore notevole incremento (Repeater Tax).
Tra contratti appena conclusi e situazione precedente, Oklahoma City rientra a pieno nello scenario descritto, dal momento che, tra stipendi e sanzioni ha abbondantemente scollinato la quota record di 300 milioni di dollari per i soli prossimi 12 mesi. In aggiunta, conoscendo la storia recente della franchigia, tale opzione risulta ancor più paradossale, vista la rinuncia, negli anni, a giocatori del calibro di James Harden, Serge Ibaka e Kevin Durant. Sebbene i ricavi del circus siano spropositatamente aumentati nel giro di pochi anni, portando di conseguenza alla firma di contratti talvolta assurdi, non si può certo sostenere che la strategia di Sam Presti abbia pagato notevoli dividendi nel tempo.

Liberarsi di Melo

L’esigenza di alleggerire il salary cap impone, a Sam Presti, l’obbligo di prendere scelte dolorose ma necessarie. Carmelo Anthony è sembrato essere un corpo estraneo nei nuovi Thunder, lontano anni luce dal rendimento a cui aveva abituato nella prima decade degli anni 2000, percependo, però, un compenso in linea ai parametri dei top player di questa Lega (27.9 milioni di dollari). Alla luce dello scenario economico appena delineato, pertanto, risulta quantomeno paventabile l’opzione di liberarsi del contratto dell’ex giocatore dei NY Knicks.

Negli ultimi giorni aveva preso piede l’ipotesi di una trade con i Chicago Bulls, allo scopo di coinvolgere il 10 volte All Star da un lato e Cristiano Felicio dall’altro. Gli arrivi di Jabari Parker a Windy City e di Nerlens Noel ad OKC hanno però ridotto al lumicino le possibilità di vedere Melo nei tori.
L’opzione più calda resta, pertanto, la stretch-provision, strumento che permetterebbe ai Thunder di liberarsi di Anthony, spalmando il suo oneroso contratto annuale sui prossimi tre periodi, e risparmiare circa 100 milioni di dollari.

Il rovescio della medaglia? Grande amico di Lebron James e Chris Paul, Melo, qualora fosse tagliato dai Thunder, sarebbe pronto ad accasarsi a LA o Houston, di conseguenza rinforzando notevolmente una tra le grandi rivali di OKC nel selvaggio ovest.