Blake Griffin dai Clippers ai Pistons: chi ci ha guadagnato?

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Con la trade deadline che si avvicina che qualcosa di abbastanza grosso stesse bollendo nella pentola del mercato NBA era abbastanza chiaro. I Los Angeles Clippers dai vari rumors sembravano la squadra più vigile, soprattutto per eventuali offerte per DeAndre Jordan e Lou Williams, i due giocatori con contratto in scadenza nell’estate 2018 e quindi più appetibili per eventuali trade. Ieri sera, invece, decisamente a sorpresa, è arrivata la news che a franchigia di LA aveva si operato uno scambio, ma cedendo Blake Griffin (con Willie Reed e Brice Johnson) ai Detroit Pistons in cambio di Tobias Harris, Avery Bradley, Boban Marjanovic (oltre a una prima scelta al Draft 2018 e una seconda scelta 2019).

Clippers: via alla ricostruzione

Sono bastati meno di sette mesi ai Clippers per capire che la mossa fatta in estate nel mercato dei free agent, subito dopo l’addio di Chris Paul, ovvero rinnovare Blake Griffin con un contratto quinquennale da 171 milioni di dollari e renderlo l’uomo franchigia non era stata la mossa più corretta.
BG vive costantemente sul filo dell’infortunio, è uno dei giocatori che ha saltato più partite da quando è nella NBA, inoltre non gode di buona reputazione tra gli avversari (l’ultimo caso contro D’Antoni e i Rockets è l’ennesima goccia in un vaso probabilmente già pieno), ed è probabile che Jerry West abbia fatto la scelta di liberarsi del giocatore (ma probabilmente più del suo contratto) anche per questi motivi.

I nuovi arrivati

Quando si cede un All-Star (o quasi come Griffin) ci si aspetta di ottenere in cambio qualcosa di sostanzioso e di quasi ugual valore. Quando però si cede un giocatore con quel contratto, spesso, ci si deve un po’ accontentare. Lo sanno i Bulls che han ceduto Butler, i Pacers che han ceduto George, e ora anche i Clippers con Griffin. La dirigenza di LA però è riuscita a ottenere dai Pistons probabilmente il massimo possibile: Tobias Harris è un’ala versatile di appena 25 anni, moderna, che può giocare due ruoli, dotato di grande atletismo e tiro da 3; non è un go-to-guy e rimane sempre un po’ incompleto come giocatore, ma quest’anno viaggia a 18 punti e 5 rimbalzi e quindi potrà dare un po’ di attacco ad una squadra che perde molto senza BG. Da capire la sua affinità con Danilo Gallinari, che prima o poi dovrebbe tornare in campo dopo l’ennesimo infortunio (sempre che anche lui non venga ceduto prima).
Avery Bradley invece porterà soprattutto difesa, il suo marchio di fabbrica, e tiro da tre punti; un 3&D che tra le guardie non è semplice trovare ma che dopo le ottime stagioni ai Celtics non si è ripetuto in casa Pistons. Il suo contratto è in scadenza in estate e non è affatto detto che i Clippers decidano di trattenerlo, anche perché si parla di cifre importanti per il suo rinnovo. Il vero asset della trade è probabilmente la prima scelta al Draft 2018 (protetta nelle prime 4 posizioni), visto che al momento Detroit è 9° a Est e quindi in lotteria (quindi la scelta potrebbe essere a metà del primo giro).

Il futuro prossimo?

Matt Barnes, ex Clippers, ha voluto dire la sua e l’ha fatto nel suo stile (non che di solito lo faccia diversamente), attaccando apertamente Doc Rivers, indicando lui come il colpevole della situazione attuale della franchigia di LA.

Sicuramente il rapporto tra i Clippers e Rivers si è un po’ logorato, dal tempo e dalle scelte operate. Gli è stato tolto il ruolo di GM ed è molto probabile che in estate le due strade si separeranno. Nel frattempo West sta pensando di cedere anche Lou Williams e DeAndre Jordan, entrambi col contratto in scadenza a giugno 2018, con l’obiettivo di ottenere scelte al Draft e di aggiungere giocatori giovani, contratti in scadenza, visto che l’obiettivo (non dichiarato ma abbastanza facile da pensare) è quello di provare a convincere a giugno LeBron James che Los Angeles è bella anche dalla sponda Clippers, in un derby losangeleno con i Lakers che promette scintille.

Pistons: Drummond-Griffin compatibili?

La reazione alla trade del diretto interessato sul suo account Twitter è stata eloquente:

Ma come lui devono averla pensata anche altri, Andre Drummond su tutti. Il centro di Detroit si ritrova nuovamente un altro big man vicino, dopo il tentativo naufragato fatto con Greg Monroe, coach Van Gundy ci riprova. Pensare che Drummond (non chiamato inspiegabilmente per l’All-Star Game nonostante cifre e miglioramenti impressionanti) possa integrarsi tatticamente nell’NBA attuale con Griffin pare utopistico: intanto non è un giocatore che vive solo intorno al ferro come Jordan, quest’anno ha allargato le sue zone di competenza dimostrando di essere anche un più che abile passatore dal gomito, zona che ora però sarà presidiata dal nuovo compagno, che in quella parte di campo ci ha giocato tutta la carriera.
Il trio Drummond-Griffin-Jackson rischia di essere la copia sbiadita di quello che fu Jordan-Griffin-Paul ai Clippers, ma soprattutto i Pistons con questa mossa hanno ingolfato totalmente il loro salary cap anche per i prossimi anni e questa mossa sembra l’ennesimo errore di una dirigenza che non sembra avere le idee chiarissime su cosa vuole fare e cosa vuole diventare.
A Est è possibile fare i playoff con questo roster, Griffin rimane un giocatore da quasi 23 punti, 8 rimbalzi e 5.5 assist, quindi sicuramente un miglioramento per la città di Motown, che però rischia di essere risucchiata in quella fascia di mediocrità, senza poter puntare ai vertici, ma neanche poter ricostruire con scelte al Draft e giovani prospetti.

Il futuro prossimo?

Difficile capire cosa potrà essere della franchigia. Come detto potrebbe stare a metà della Eastern Conference per diversi anni, come successo ad esempio agli Atlanta Hawks dell’era Joe Johnson, ma l’esperimento Griffin-Drummond potrebbe anche fallire (e i precedenti dicono questo infatti). Se in più si aggiungo le scelte operate nelle ultime stagioni dalla dirigenza, i tifosi dei Pistons hanno poco da sorridere: hanno scelto al draft Stanley Johnson e Luke Kennard quando disponibili c’erano Devin Booker e Donovan Mitchell. Hanno il cap intasato per 28 milioni nel 2018/19 dai contratti di Jon Leuer, Langston Galloway, Ish Smith e Josh Smith (sì, proprio quel Josh Smith preso per formare un trio delle meraviglie con Drummond e Monroe).
Insomma, un mix di scelte sbagliate, cattiva gestione, tensioni interne (il rapporto tra Reggie Jackson e coach Van Gundy non è mai decollato) che questo nuovo acquisto di Griffin difficilmente potrà migliorare.